Ciao a tutti. Mi scrive una mail un carissimo ed affezionato lettore di Psises. Estraggo alcuni passaggi. Grazie per la tua partecipazione.
Prima di tutto un saluto a te e a Daniela…
Girando su facebook ho visto le foto … delle tue passeggiate e mi e’ venuta in mente questa canzone poesia di Carlo Fava un cantautore milanese poco conosciuto , che trovo meravigliosa per le varie interpretazioni che gli si possono dare…
Ad esempio: sta’ parlando di una donna che non ce’ piu’ ? oppure sta parlando con se stesso di una parte di lui che e’ cambiata ? e poi la bellissima intuizione su gli oggetti come prolungamento di noi stessi ,e il finale con la frase o cosi’ almeno mi sembra che sia. Con il dubbio su tutto come unica certezza ( questa l’ho rubata a guccini )
Come al solito non ho resistito e mi sono permesso di interagire con voi… inoltre penso che la terapia e’ come rinascere al mondo …
cari saluti
…………
http://www.youtube.com/watch?v=iFmFoitENfs&feature=youtu.be
Vedi come ci si mette a volte la vita; come una sentenza storta, un po’ di traverso e non ti fa passare né di qua né di là. Non ho più notizie di te, né tu di me.
Non so se era abitudine, consuetudine, se era dirsi le cose e stare bene.
So che era come se fosse stato per sempre.
E cosa c’è che non va, cos’è che non torna, cos’è che sta andando via?
Secondo me sono gli oggetti che complicano le cose, così inanimati, così fermi eppure piccoli irrinunciabili prolungamenti di noi stessi; se mettessimo in fila i nostri oggetti troveremmo le ore e i minuti di ogni cosa, di quando il tempo era solo davanti.
Sto guardando il mio lampadario nuovo ed è come se una luce amica mi sfiorasse; potremmo fare belle cose io e te! Mi viene da pensare, sotto questa luce, mi viene da considerare…
Ho comprato un lampadario nuovo talmente bello…
Potremmo fare dei bei discorsi io e te, mi viene persino da leggere sotto questa luce, mi viene quasi da riflettere.
Ma vedi come ci si mette la vita; come una sentenza storta, un po’ di traverso e non ti fa passare ne di qua ne di là.
L’ultima volta che ho visto i tuoi occhiali
Eran sul tavolo della cucina
Eran nel cielo di una mattina
Eran nel rosso del nostro tramonto
Erano un saldo scambiato per sconto
L’ultima volta che ho visto i tuoi occhiali
C’erano nuvole fuori quartiere
Eran finiti i posti a sedere
C’era il mercato nel posto sbagliato
E c’era il tuo cuore in pessimo stato
C’è un viaggio lungo c’è un viaggio breve
C’è una stazione in mezzo alla neve
C’è un treno che passa e si ferma al confine
C’è un doganiere che segue il suo cane
L’ultima volta che ho visto i tuoi occhiali
Erano sporchi di carta carbone
Era un ricordo di un’altra stagione
C’erano idee di ogni ordine e razza
Che stavano immobili in mezzo alla piazza
L’ultima volta che ho visto i tuoi occhiali
C’erano stelle senza cadere
C’era un passaggio di nuvole nere
C’era il mercato nel posto sbagliato
E c’era il mio cuore in pessimo stato
C’è un viaggio lungo c’è un viaggio breve
C’è una stazione in mezzo alla neve
C’è un treno che passa e si ferma al confine
C’è un doganiere che segue il suo cane
C’è un viaggio lungo c’è un viaggio breve
C’è una stazione in mezzo alla neve
C’è un treno che passa e si ferma al confine
C’è un doganiere che bacia il suo cane
Vedi come ci si mette a volte la vita; come una sentenza storta, un po’ di traverso e non ti fa passare nè di qua nè di là.
O così almeno mi sembra che sia.
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