Questo articolo è il seguito dell’articolo sui Disturbi dell’Apprendimento della Dott.ssa Linda Tancini.
Il bambino è il primo a percepire la propria difficoltà, sperimentando ripetutamente l’insuccesso e con esso senso di frustrazione ed impotenza. Generalmente però non sa darsi spiegazioni e tutto ciò ha ripercussioni negative sulla sua autostima e in genere sulla formazione della sua personalità: l’insuccesso scolastico è considerato spesso da lui come espressione di scarsa intelligenza, scarsa abilità, è vissuto con senso di colpa e di inadeguatezza rispetto a ciò che pensa i genitori si aspettino da lui, e come elemento di disconoscimento da parte dei pari.
I bambini affetti da disturbo di apprendimento ancora faticano ad essere compresi ed accettati a scuola. Fino a che ci si occuperà di dislessia e non di dislessici non riusciremo neanche a intravedere la risposta che questi ragazzi, magari silenziosamente, ci chiedono: un percorso che garantisca loro di apprendere, di crescere, di mettere a frutto le capacità che hanno e che altrimenti andrebbero persi. Ciò che realmente determina il discrimine tra un diritto garantito e un diritto negato è il desiderio da parte di tutti gli addetti ai lavori (educatori, ricercatori, psicologi, medici, linguisti, genitori, compagni di banco, fratelli….) di individuare gli strumenti che aiutino questi ragazzi a non restare schiacciati dalle loro difficoltà. Inoltre, la normativa parla chiaro: i bambini con DSA hanno DIRITTO a strumenti compensativi e dispensativi, sia nella fase di apprendimento che in quella di verifica. Il nostro Stato ha varato la LEGGE 8 ottobre 2010, n. 170, con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale nr. 244 del 18 ottobre 2010.
L’articolo N° 10 riguarda direttamente gli alunni con DSA. Si riporta di seguito il testo integrale dell’articolo.
Art. 10 – “Valutazione degli alunni con difficoltà specifica di apprendimento (DSA) – 1. Per gli alunni con difficoltà specifiche di apprendimento (DSA) adeguatamente certificate, la valutazione e la verifica degli apprendimenti, comprese quelle effettuate in sede di esame conclusivo dei cicli, devono tener conto delle specifiche situazioni soggettive di tali alunni; a tali fini, nello svolgimento dell’attività didattica e delle prove d’esame, sono adottati, nell’ambito delle risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente, gli strumenti metodologico-didattici compensativi e dispensativi ritenuti più idonei. 2. Nel diploma finale rilasciato al termine degli esami non viene fatta menzione delle modalità di svolgimento e della differenziazione delle prove.”
Almeno da un punto di vista legislativo i bambini, i ragazzi gli adulti sono “tutelati” anche se nella realtà non è sempre così. Giorno dopo giorno ci accorgiamo che ancora qualcosa ci è sfuggito, che ancora c’è molto da camminare, ancora molti sforzi da compiere in questo ambito. Eppure ancora oggi qualcosa ci rallenta dal dedicarci con passione a questo progetto : a frenarci è da un lato l’arretratezza del nostro paese nel riconoscere ed intervenire in materia di disturbi di apprendimento, dall’altro la rigidità di alcune persone che “sostengono” che la dislessia altro non sia che l’ultima invenzione di una società che non sa più cosa siano doveri, sacrificio, educazione, e che il bambino non voglia lui stesso imparare, cioè è pigro, svogliato e poco attento. Chi si occupa di disturbi di apprendimento vede ogni giorno la fatica che vivono questi ragazzi, vede spesso lo sconforto e vede molti di loro abbandonare gli studi, stanchi da una carriera scolastica costellata di frustrazioni. Ma è anche spettatore di quanto grande è il desiderio per molti di loro di riuscire a superare le loro difficoltà fino a giungere al risultato sperato. Spesso vede molti ragazzi dotati di grandi potenzialità e che non aspettano altro che qualcuno dica loro come poterle mettere a frutto. Altro non chiedono di essere supportati e venga garantito loro un diritto, per poi camminare da soli e raggiungere mete anche lontane.
In generale, quindi, i DSA sono dei disturbi molto frequenti, che possono presentarsi singolarmente o più frequentemente, in comorbidità con altre problematiche. Si necessita, quindi, di un trattamento specifico e tempestivo, che supporti i vari attori coinvolti (bambino, genitori, famiglia, scuola) nei vari momenti dell’apprendimento e di vita quotidiana del bambino, al fine di potenziare l’abilità carente a causa del disturbo ed evitare implicazioni sul livello di autoefficacia e di motivazione allo studio del soggetto. Sviluppare, potenziare, arricchire ed aumentare le competenze linguistiche, in ogni loro forma, sono alcuni degli obiettivi a lungo termine in un percorso terapeutico logopedico, psicologico per consentire ai DSA di “imparare a gestire il linguaggio” e a farlo proprio nel modo migliore possibile. Vi lascio con questi interrogativi, poiché neanche io posso dare risposte, ma faccio parte di “quei addetti ai lavori” che sperano in una integrazione scolastica e culturale. Perché invece noi non possiamo permetterci di abbandonare questi ragazzi? Perché invece dobbiamo saperne sempre di più, lottare sempre di più? Intervenire e sensibilizzare sempre di più? La complessità di questa realtà risiede nella sua stessa definizione: DISTURBO SPECIFICO DELL’APPRENDIMENTO.
“Gli insegnanti che mi hanno salvato e che hanno fatto di me un insegnante erano adulti di fronte ad adolescenti in pericolo: non sapevano come fare, si sono buttati, non ci sono riusciti, si sono buttati di nuovo e poi ancora ed ancora. Alla fine mi hanno tirato fuori, e tanti altri come me. Ci hanno letteralmente ripescati. Dobbiamo loro la vita.”
Daniel Pennac
Vi consiglio di guardare questo video “commovente” e di commentare nel blog la vostra idea a riguardo, esperienze simili o altro…
Linda che dire? complimenti per l'articolo, mi piace molto come l'hai scritto e quello che hai scritto. Una riflessione. Purtroppo il sistema che in Italia forma gli insegnanti si occupa solo di riempire le loro menti per decenni di nozioni. Una volta che poi questi insegnanti diventano dei lavoratori dell'educazione, sono forse più tutelati i loro diritti di insegnanti (almeno di quelli assunti prima di una certa data, so bene che per tutti gli altri la strada è in salita), che il diritto dei bambini di apprendere. Non esiste nulla che ne valuti la sensibilità, la capacità reale di insegnare, che non è portare avanti i 4-5 bambini bravi, seguiti a casa, ed automotivati. Quelli studierebbero anche senza di loro! la vera sfida dovrebbe essere quella di valutare il lavoro degli insegnanti in base a quanto avanti riescono a portare l'INSIEME degli alunni. Uno può aver studiato per millenni, ma se è incapace, è incapace. Poi ovvio che senza soldi non si va lontano… quindi è colpa dello stato se non riserva le giuste risorse per l'educazione. oltretutto educare è un investimento: questi bambini devono diventare degli adulti ignoranti e disoccupati o male occupati, o li vogliamo rendere dei lavoratori capaci di contribuire al benessere complessivo del paese-Italia? questa è a mio avviso la miopia di chi ci governa…