Buongiorno a tutti. Nei giorni scorsi ho collaborato per un caso clinico, con il dr. Fulvio Fantozzi, medico legale ed esperto di dipendenze patologiche, che si è immediatamente reso disponibile ad inviarmi un articolo per il BLOG.

Ringrazio il dr. Fulvio Fantozzi (per contattare il dottore Email info@psises.it) e lascio che sia il suo articolo a parlare, con la speranza che questo e articoli simili portino a sensibilizzare le culture… non sono un idealista ma se una sola persona leggendo il Blog si riprende la propria vita ne è valsa la pena…

IL TRATTAMENTO DEI DISTURBI DA USO DI ALCOL
The treatment of alcohol
dependence and abuse

Il consumo eccessivo

[quotidianamente più di 1 unità alcolica per la femmina e più di 2 unità alcoliche per il maschio (1), anche se assunte ai pasti e sempre a condizione che chi beve sia in buone condizioni di salute di partenza, altrimenti detti limiti si abbassano o meglio si azzerano … !] o inadeguato [bere prima di guidare o prima di lavorare (2) in caso di mansioni che richiedono destrezza e pieno controllo neuromotorio] di alcol etilico è responsabile di sofferenze e di costi economici per la società per lo più misconosciuti (3).
Alcune persone, per vulnerabilità biologica su base genetica nonché per la spinta sociale al consumo quale fattore di integrazione, socializzazione e successo, passano dal consumo
problematico alla dipendenza da alcol vera e propria.
La condizione di dipendenza da alcol se protratta nel tempo e se non curata adeguatamente può scivolare nel disturbo cronico da uso di alcol, caratterizzato dalla ripresa dell’abuso dopo intervalli anche lunghi (mesi o anni) di sobrietà e di soddisfacente qualità della vita e performance sociale, lavorativa, familiare. Il deterioramento della salute fisica e la disgregazione delle risorse psichiche e familiari rappresentano il punto di arrivo di un processo morboso così devastante.
Le strutture ed i percorsi che tradizionalmente si occupano di assistenza e di cura di persone con tale disturbo riescono ad intercettare solo una frangia minoritaria di alcoldipendenti (4).
Se tutti coloro che sono coinvolti nella rete di assistenza o, almeno, di impatto con questi pazienti, a cominciare dai Servizi sanitari pubblici ad essi dedicati, modificassero l’attuale approccio ai problemi alcol correlati, soglia di accesso alle cure e loro appropriatezza risulterebbero migliorate.
Il fenomeno della cura inappropriata, più frequente al di fuori dei citati Servizi specializzati, i quali comunque a parere di chi scrive non ne sono immuni, spesso genera la cristallizzazione e talora il peggioramento dell’abitudine etilica; e quindi, col tempo, il sopravvenire delle patologie alcol – correlate più note ed eclatanti come la cirrosi epatica: soggetti che potrebbero essere trattati e posti in remissione con successo ricevono invece per mesi o anni cure esclusivamente farmacologiche sganciate dal benchè minimo lavoro di “rete” ossia di collegamento con altri specialisti e Servizi specializzati. Le pseudo-cure in questione consistono in farmaci non attivi o psicofarmaci che nulla possono contro sintomi depressivi ansiosi e fobici a ben vedere non genuini, ma indotti dall’alcol.
Un corretto e completo inquadramento diagnostico iniziale dovrebbe essere effettuato il più presto possibile e da operatori che fondano il loro fare sulle conoscenze scientifiche fornite dalla Medicina delle Dipendenze (5) e non su consuetudini locali radicate e rassicuranti e più in generale di ideologie e di approcci anche in buona fede precostituiti. Il presupposto per la rifondazione di una alcologia laica è il seguente: le posizioni attualmente imperanti anche tra chi professa la cura specialistica delle persone con problemi di alcol, tanto draconianamente quanto perniciosamente improntate al “tutto o nulla” ( “o smetti di bere o arrivederci”) innalzano la soglia di accesso alle cure e non contrastano la deriva di frange consistenti di alcoldipendenti non ancora pronti a smettere di bere.
Una volta accolta correttamente la persona con disturbi da uso di alcol e quindi operata la diagnosi iniziale appena citata, la scelta successiva di quale percorso di trattamento intraprendere è comunque delicata e complessa e presuppone che il professionista prima di tutto conosca bene i sistemi dei servizi dedicati, istituzionali e non ; e poi che sappia e intenda dialogare e quindi interagire fruttuosamente con tutti gli specialisti sia della salute mentale sia delle branche internistiche che conoscono la materia e sono allenati a lavorare in modo coordinato ed integrato; e con Strutture di cura, anche ospedaliere, non solo nominalmente ultra specialistiche. Tali strutture di degenza, purtroppo dislocate in gran parte al di fuori della nostra Regione, sono davvero in grado di risolvere problemi di disintossicazione dall’alcol in casi particolarmente gravi sul piano fisico e/o psichiatrico, ma il loro intervento deve essere razionale, ossia agganciato ad un “prima” (invio di pazienti  già valutati territorialmente e con obiettivi clinici esplicitati e condivisi) e ad un “dopo” (dimissioni
protette, predisposizione di programmi di cura estensiva concretamente realizzabili nel territorio) onde evitare l’effetto “porta girevole” per cui il paziente rimane avviluppato nell’ingranaggio di un sistema di cure solo sintomatiche ed entra ed esce a ripetizione dall’Ospedale sulla scia dell’urgenza senza mai giungere ad un’effettiva e stabile modificazione migliorativa della qualità della sua vita.
In altri termini è essenziale coltivare una visione ampia e a lungo termine della clinica della persona con disturbi da uso di alcol e delineare percorsi di cura che contemplino tra i loro obiettivi non solo la cessazione del consumo patologico, ma anche la prevenzione razionale della ricaduta. In conclusione al soggetto con dipendenza da alcol ormai cronicizzata (plurime ricadute nonostante il proposito di non bere più, assenza del controllo sull’alcol, danni fisici psichici e sociali ben evidenti e ingravescenti) così come alla sua famiglia deve essere assicurato un percorso di cura e di riabilitazione articolato, di lungo periodo, non standardizzato ma viceversa personalizzato o per meglio dire “cucito su misura”, all’interno del quale sia garantita la migliore gestione di strumenti terapeutici di formidabile efficacia solo se ben usati, quali :

– farmaci anti-ricaduta, adoperati poco e male anche da parte di Servizi e professionisti che formalmente praticano l’Alcologia.

– gruppi di auto-mutuo aiuto, fortunatamente ben radicati e operanti nel nostro territorio, ma facenti riferimento a due assunti teoretici e quindi ad assetti ed a prassi assai differenti ; e che quindi dovrebbero essere attivati con giudizio dal medico inviante, sulla base del principio della personalizzazione ( e pertanto della selezione) del percorso di cura: ergo non tutti i pazienti in un dato momento della loro storia clinica di abuso di alcol sono utilmente e proficuamente inseribili in quel determinato gruppo di auto – aiuto !

– strutture di ricovero: nell’immaginario collettivo e anche di non pochi professionisti della salute non specializzati, l’alcolista refrattario a detossificazioni territoriali deve essere inviato “in una Comunità “o in un reparto di Psichiatria o comunque con preminenti competenze psichiatriche e lì svezzato dall’alcol, con qualsiasi metodo. Esistono invece, vivaddio, cliniche e anche Day Service specializzati al di fuori del circuito psichiatrico e delle varie cosiddette Onlus del privato sociale, in grado di svolgere in modo più efficace e sicuro, oltre che economicamente conveniente, trattamenti appropriati e personalizzati, in una parola: Alcologici(8).
I destinatari del trattamento così concepito sono, si ripete, il diretto/a interessato/a nonché la sua famiglia, quando presente. I relativi risultati sono misurabili in termini di riduzione del consumo di alcol e quindi dei problemi fisici e comportamentali che l’abuso alcolico determina; e di miglioramento della qualità della vita del soggetto e del suo entourage.
Tali approcci e percorsi di cura sono realizzabili in seno a Servizi sia pubblici sia privati i quali ispirino le loro conoscenze e prassi allo studio delle fonti scientifiche più autorevoli e alla
frequentazione di eventi formativi qualificati, piuttosto che a “quel che passa il convento”.
Appendice di questa breve comunicazione è la DEFINIZIONE funzionale, che qualche lettore troverà forse provocatoria, di “Operatore esperto di Dipendenze”, un ruolo professionale cruciale e finora a mio parere sottovalutato. Essa scotomizza finalmente steccati ideologici, interessi istituzionali e confessionali ed altri aspetti che condizionano e limitano l’estrinsecazione di tale professione di aiuto; dall’altro lato, strategicamente e costruttivamente, è “tutta un programma” !

… continua fra una settimana…